mercoledì 29 giugno 2011

Nessun rischio EPIDEMIA a Napoli, Caldoro indagato per niente.

Medici e Ministro della salute, smentiscono i magistrati che invece accusano il Governatore Caldoro.






E' il via vai della politica negli uffici giudiziari napoletani: ma l’inchiesta sulla cosiddetta “P4” ora c’entra poco. Il pubblico ministero Francesco Curcio è sì il partner di Woodcock nella battuta di caccia ai governatori occulti della cosa pubblica, ma è contemporaneamente titolare di un’altra indagine che, da qualche giorno, tiene inchiodata Napoli quasi quanto la spazzatura: quella per epidemia colposa e omissione d’atti di ufficio. Che, allo stato, registra quale unico indagato eccellente il presidente della giunta regionale Stefano Caldoro. Un’epidemia, però, ancora annidata solo nei faldoni della procura dal momento che, sia Gabriele Peperoni, presidente dell’Ordine dei medici di Napoli, che il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ne hanno escluso addirittura il rischio. Senza, ovviamente, «sottovalutare i rischi per il benessere dei cittadini che comporta la giacenza prolungata in strada dei rifiuti», com’è precisato in diverse note. C’è stato pure chi ha paventato il rischio colera, ipotesi considerata dal vertice dei medici napoletani «assolutamente falsa ed infondata». L’indagine, intanto, è partita (pare su un esposto del Codacons, di certo sulla base di una semplice consulenza tecnica fornita ai pm dalla dottoressa Triassi) e gli accusati pensino a difendersi: epidemia o meno.
Caldoro, già nel pomeriggio di domenica, l’ha fatto pubblicamente: «Non ci sto». Non ci sta il presidente della giunta campana ad assumersi colpe per inadempienze altrui lungo il corso degli ultimi 15 anni. Ragion per cui, ieri pomeriggio, per circa due ore e mezza, ha spiegato al sostituto procuratore Curcio come e perché egli si ritenga non colpevole. Accompagnato dal suo legale, l’avvocato Furgiuele, Caldoro ha consegnato al pm un dossier riepilogativo dell’attività della giunta negli ultimi 9 mesi in merito alle tre emergenze scoppiate a cadenza quasi trimestrale. «È stato un confronto sereno, durante il quale sono state rappresentate le nostre ragioni» ha detto l’avvocato « nelle prossime ore forniremo ulteriori informazioni e produrremo nuovi documenti che attestino la assoluta regolarità dell’azione della presidenza regionale in relazione alla vicenda rifiuti». Caldoro, infine, ha anche ribadito ai pm che la competenza ad aprire nuove discariche è dei sindaci e non del presidente della Regione.

Non la vede così il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, che l’anno scorso sfidò, perdendo, proprio Caldoro per la presidenza della giunta regionale: «La Regione non ha approvato i criteri-guida per l’individuazione da parte delle Province dei siti da destinare a discarica. Né ha nominato commissari straordinari per individuare nuove discariche. È chiaro, quindi, che la responsabilità per le discariche non aperte è in capo all’organo titolare della nomina, cioè in capo a Caldoro». Un’accusa politica, non allineata a quella della magistratura. Poi l’affondo, in perfetto stile deluchiano: «Basta con il pulcinellismo della classe dirigente di Napoli e della Campania: con quale coraggio, dopo il disastro compiuto, si chiede aiuto alle altre Regioni?». Per il sindaco di Salerno, città che registra numeri record per la raccolta differenziata, la Lega avrebbe tutte le ragioni del mondo a mettersi di traverso, sebbene gli chieda «un atto di responsabilità istituzionale per la tutela dei cittadini e dei bambini napoletani» approvando il decreto che arriverà sul tavolo del Cdm dopodomani. Si vedrà.
Via vai di politici in procura, si diceva. Infatti, mentre Caldoro entrava intorno alle 13,30, da pochi minuti era uscito da un ufficio al piano superiore del palazzo di giustizia, l’assessore all’Ambiente nonché vicesindaco Tommaso Sodano. L’ex senatore di Rifondazione è stato sentito per la seconda volta in pochi giorni come persona informata sui fatti. Quali? Questi: cosa non ha funzionato nell’accordo Governo-Regione del gennaio di quest’anno, come mai non sono stati realizzati gli impianti di smaltimento previsti e cosa invece non funziona in quello attivo di Acerra. Ma, soprattutto, in una sorta di “approfondimento giudiziario preventivo” i pm hanno chiesto a Sodano come intendano risolvere il problema visto che né lui né il sindaco De Magistris sono favorevoli ai termovalorizzatori.
Sono da registrare anche le opinioni del procuratore di Napoli Giandomenico Lepore. Ospite ieri sera di “Otto e mezzo” su La7, ha parlato di P4 («i politici si sentono intoccabili») e di rifiuti: la camorra «non gestisce» l’emergenza rifiuti ma ciò non significa che non guadagni con la situazione attuale, ha detto.
Intanto emergenza e tensioni restano alte, nonostante un lieve miglioramento della situazione. Ancora cumuli di rifiuti in fiamme tra Napoli e provincia: contro i 60 interventi eseguiti nella notte tra sabato e domenica, lunedì notte i roghi sono stati 48.

La Sinistra sta con i veri violenti. Niki, predica bene ...ma razzola male.







li scontri in Val di Susa dei pasionari No-Tav riaccendono gli animi della sinistra, che corre in difesa della protesta e fa scattare l' al lupo al lupo su quella che viene bollata come "violenza di regime". Nichi Vendola non ha perso tempo e ha subito definito "inaccettabile l'idea che al dissenso legittimo delle popolazioni si debba rispondere con la violenza e con la repressione". Per il leader di Sinistra e Libertà c'è una precisa respondabilità di chi "non ha saputo interloquire e ascoltare le ragioni di chi sta difendendo le proprie comunità", tanto che oggi non ci si può più nascondere dietro "scene rapide di guerra". Il governo, irremovibile davanti a una protesta che va avanti da anni, oggi non può metterla a tacere con lo scontro. Eppure, si tratta proprio di far rispettare una decisione parlamentare, di permettere, in altri termini, a un governo di fare il suo mestiere: il ministro Roberto Maroni ha dato l'ordine di riprendere i lavori entro il 30 giugno. In ballo non c'è solo una "questione di mero ordine pubblico", ma di sviluppo e crescita del sistema delle infrastrutture in Italia e, soprattutto, in ballo ci sono cospicui finanziamenti dell'Unione Europea. Infine è bene non dimenticare che la politica dell'alta velocità ferroviaria fu inaugurata nel gennaio 2001 proprio da un governo di centrosinistra, quello targato Giuliano Amato.

L'appello degli intellettuali -  A domenica sera risale Fermatevi, un appello alle istituzioni e alla politica, un invito lanciato da un gruppo di intellettuali italiani - tra cui Paolo Beni, il professor Marcello Cini, Luigi Ciotti, Beppe Giulietti, il segretario della Fiom Maurizio Landini, Alberto Lucarelli, il professor Ugo Mattei, Luca Mercalli, Giovanni Palombarini, Valentino Parlato, Livio Pepino, Carlo Petrini, Rita Sanlorenzo, Giuseppe Sergi, Alex Zanotelli - sulla Tav in Piemonte, in cui viene chiesto di riconsiderare la data dell'inizio dei lavori in Val di Susa. Appello sottoscritto anche da Nichi Vendola, e in cui si chiedeva, a tutti, di abbassare i toni e di cercare un confronto. Un appello puntualmente disatteso.

Sit in di Federazione della sinistra e grillini - Fuori Palazzo Chigi, infatti, si è tenuto un sit-in organizzato dalla Federazione della sinistra, da Sinistra e Libertà e dai grillini. "
La mobilitazione non finisce qui, chi è in Parlamento chieda a Maroni come è possibile un attacco delle forze dell'ordine al popolo No-Tav e a Matteoli come è possibile la rovina ambientale senza un piano di trasporto merci", dicono i manifestanti.

La Fiom - "Nei sistemi democratici ciò che la politica non riesce ad affrontare non può essere affidata alle Forze dell'ordine - ha commentato Maurizio Landini, segretario della Fiom, annunciando a Milano in piazza San Babila un presidio nel pomeriggio  - , anche perché si rischia di umiliarle e di distrarle dai difficili compiti che devono svolgere. Invitiamo tutte le strutture a prendere posizione su quanto sta accadendo e a informare le lavoratrici e i lavoratori".

I Verdi - "È inaccettabile che si sia deciso di dichiarare guerra alla popolazione della Val di Susa". Lo dichiarano in una nota congiunta il Presidente dei Verdi italiani Angelo Bonelli e Monica Frassoni co-presidnete dei Verdi europei. "In Val di Susa - dichiara la co-presidente dei Verdi europei Monica Frassoni - si è tornati alla situazione di sei anni fa, ossia alla logica dello scontro, dopo anni passati in finti tentativi di mediazione".  

L'Europa si stufa dell'ormai questione Napoli. Avanti così e vi multiamo di nuovo.

Il Commissario Europeo è stato chiarissimo, senza risoluzioni passiamo alla procedura di infrazione. Il Sindaco " spazzino " la dice grossa: differenziata al 70% entro la fine dell'anno.




L'unione europea tuona sull'Italia per la gestione dell'emergenza rifiuti e paventa pesanti "sanzioni pecuniarie" se si va avanti di questo passo.  "Quello che è accaduto di recente dimostra che le autorità italiane non hanno ancora fatto quanto necessario per trovare una soluzione adeguata e definitiva al problema", ha detto il commissario Ue all'ambiente Janez Potocnik, annunciando  il rischio di incorrere in una nuova procedura d'infrazione. Sul fronte della munnezza l'emergenza è in piedi dal 2007 e per il commissario europeo "i miglioramenti reali si devono ancora vedere". A meno che non ci sia un cambio di rotta, la Commissione  avrà "poca scelta, se non quella di proseguire attivamente con la procedura d'infrazione".

Il sindaco spazzino - E dopo il presidente operaio, arriva il sindaco spazzino. Chi critica, poi emula. Si punta il dito su presunti 'siparietti apparecchiati per il popolo' e poi, ci si infila nello stesso solco. Martedì mattina, Luigi de Magistris si è amesso alla guida di un compattatore dell'Asia - partecipata che a Napoli si occupa della raccolta rifiuti - e ha salutato gli operai dall'autorimessa di Barra, municipalità a est di Napoli. Il neo sindaco con gli operai. Dalle 6 del mattino: Giggino non teme la levataccia pur di lanciare il segnale della rivoluzione ambientale, tanto decantata quanto osteggiata.

Le isole ecologiche in piazza -
Multimateriale, carta e cartone,vetro: le tre campane dell'isola ecologica resteranno nelle piazze della città di Napoli per una intera giornata al termine della quale saranno svuotate. Oggi è il turno dei quartieri Barra, Miano e Pianura. "Stiamo indicando gli orari per conferire ai cittadini - ha affermato de Magistris, a Barra per l'isola ecologica -. I primi passi per la rivoluzione ambientale li abbiamo già fatti". Le isole ecologiche, come ha spiegato il vicesindaco Tommaso Sodano, "serviranno ai cittadini nell'attesa che tutti in tutti i quartieri venga avviata la raccolta porta a porta".

La differenziata - Il sindaco-spazzino ha poi ribadito quanto annunciato già in precedenza: "Napoli arriverà al 70% di raccolta differenziata entro la fine dell'anno. Ce la facciamo sicuro, non forse". Una nuova promessa, sulla scia delle fanfaronate sparate in campagna elettorale (e pure dopo). "Napoli è mobilitata per raggiungere il 'porta a porta' in tutta la città - ha aggiunto De Magistris -. Dal primo settembre partiamo da otto quartieri, già ci sono le isole ecologiche, oggi ne inauguriamo quattro, da luglio ci sarà una grande campagna di informazione".Gli incendi - "I roghi di rifiuti che sprigionano diossina a Napoli sono da evitare" E' l'appello lanciato da Ferruccio Fazio che torna sull'emergenza rifiuti. Se ha rassicurato sul pericolo epidermia in città, il ministro punta il dito sugli incendi notturni che "possono causare problemi e quindi vanno assolutamente evitati". Nelle ultime ore, sono diminuiti.: dagli oltre 70 dei giorni scorsi si è passati ai 22 delle ultime 14 ore.

Informazione e propaganda
- La campagna d'informazione l'ha già cominciata l'Unità. In un articolo pubblicato oggi, martedì 26 giugno, alle pagine 16 e 17 a firma Rossella Battisti, il quotidiano da poco lasciato da Concita De Gregorio offre uno spaccato della Napoli demagistrisiana. Più pulita e ordinata, quasi si fosse trasformata in Zurigo, con i napoletani impegnati nell'aperitivo di rito al Gambrinus o in qualche evento di alta cultura sotto le arcate del San Carlo. Nella folla - si legge - svetta anche De Magistris. Bello e compunto, intervenuto alla prima del Festival per la Dragon bleu di Lepage. Sembra un drago azzurro anche lui, mentre stringe le mani dei molti che gli si accostano e si sposta alato dal foyer alla platea. "Napoli aspettava un uomo del cambiamento - commenta un cittadino di vecchia data -, ma ora anche i napoletani devono fare la loro parte". Possibilmente, anche la stampa.

Voltagabbana, De Magistris bloccò i fondi per l'emergenza rifiuti, ma ora che è diventato sindaco li rivuole.

In gennaio all’europarlamento pur di boicottare il governo riuscì a far approvare una risoluzione in cui chiedeva di congelare 145 milioni per l’emergenza rifiuti in Campania. Adesso come sindaco si batte per riaverli. Mentre la Ue minaccia sanzioni.








Acrobazie napoletane. Sca­duti ormai i famosi «cinque giorni di De Magistris», ovve­ro il termine entro il quale l’ex pm aveva promesso di ri­solvere l’emergenza rifiuti nella città partenopea, è or­mai scattato il tempo delle lamentele a tutto campo, delle nuove spericolate pro­messe («porterò la differen­ziata al 70% entro l’anno»), dello scaricabarile in dire­zione del governo, dei deci­bel in libertà con cui deviare l’attenzione generale e sfug­g­ire alle proprie responsabi­lità accreditando la tesi di una sorta di complotto antinapoletano. Purtroppo, però, le pro­messe del « sindaco- spazzi­no » - proprio ieri mattina con un colpo di teatro è sali­to all’alba su un camion per la raccolta dell’immondi­zia - sono destinate a infran­gersi contro una realtà che rischia di complicarsi gior­no dopo giorno. Ieri, infat­ti, è arrivato un nuovo pe­santissimo richiamo da par­te dell’Europa che ha pa­ventato «sanzioni pecunia­rie » se non ci sarà un cam­bio di passo. «Le autorità italiane non hanno ancora fatto quanto necessario per trovare una soluzione defi­nitiva al problema», ha det­to il commissario Ue all’Am­biente Janez Potocnik. A meno di un cambio di rotta, la Commissione avrà «poca scelta se non quella di pro­seguire con la procedura d’infrazione». Una vera mazzata per il neosindaco che alcuni giorni fa aveva annunciato un’imminente missione a Bruxelles per cercare di ottenere almeno uno sblocco parziale dei 145 milioni del Piano regio­nale. Impresa resa ancora più ardua dalla sua decisio­ne di fermare la costruzio­ne del termovalorizzatore di Napoli Est. Il paradosso è che, nel gio­co delle demagogie incro­ciate e dell’opposizione a testa bassa contro il gover­no messa in campo a Stra­sburgo, il parlamentare eu­ropeo Luigi De Magistris (obbligato a dare le dimis­sioni per l’incompatibilità con il ruolo di sindaco) si trova a battagliare contro se stesso e a smentire le sue azioni recenti. Come ricor­da la presidente della com­missione per le Petizioni, Erminia Mazzoni, il 26 gen­naio di quest’anno fu pro­prio l’ex pm a presentare al parlamento europeo una ri­soluzione con cui chiedeva alla Commissione di eserci­tare la massima durezza e bloccare i fondi per Campa­nia e Napoli fino a quando Bruxelles non avesse avuto prove certe sull’esistenza di un piano rifiuti confor­me alle norme. Quali fon­di? Esattamente quei 145 milioni che ora cerca fatico­samente di riottenere. Una richiesta che ottenne 374 voti a favore, 208 contrari e 38 astenuti. Bocciati anche i 17 emendamenti «mitiga­tori » presentati da 40 depu­tati del Ppe, tutti italiani. Indimenticabili anche le parole di giubilo dettate do­po quel voto. «Il Parlamen­to ha approvato la risoluzio­ne di cui sono stato primo firmatario e per la quale mi sono impegnato lungamen­te. L’Europa boccia inequi­vocabilmente la politica berlusconiana fatta di sub­dole e infinite emergenze e della militarizzazione del territorio e dice no allo sper­pero dei fondi comunitari, utilizzati solo per ingrassa­re cricche e comitati d’affa­ri ». Niente male. «Evidentemente De Magi­stris deve soffrire di una sin­drome da doppia personali­tà - commenta la Mazzoni - . Purtroppo non si governa a prescindere dalla realtà e oggi il sindaco si ritrova a invocare l’aiuto di Berlusco­ni e a chiedere a Bruxelles ciò che pochi mesi fa cerca­va di bloccare pur di avere un manifesto antiberlusco­niano da esporre». Peral­tro, mentre i napoletani af­frontano l’emergenza esco­no nuovi elementi sulla sen­tenza che blocca il trasferi­mento di rifiuti fuori regio­ne. Il ricorso l’ha presenta­to, infatti, la società Italca­ve, diffidata dalla Regione Puglia dal ricevere carichi non conformi al protocollo firmato con la Regione Campania. Una decisione rivendicata dall’assessore pugliese Lorenzo Nicastro che si è spinto fino a dare ragione alla Lega. «Se Cal­deroli si preoccupa del tra­sporto in condizioni di sicu­rezza, di come la spazzatu­ra parte e arriva, delle mo­dalità che garantiscono igiene ai cittadini, non pos­so che essere d’accordo con lui». Come dire che per De Magistris si profilano tempi davvero duri.

Pd, la doppia vita di una segretaria di circolo Di giorno politica e la sera film porno: si dimette.

Scandalo nel pisano: una giovane segretaria dei Democratici pisani si dilettava anche nella cinematografia porno. Nonostante la mascherina è stata scoperta nel cast del film "E' venuto a saperlo mia madre" e ha dovuto lasciare l'incarico. Il rammarico dei dirigenti: molto preparata dal punto di vista politico.







Invece che la madre, alla fine, l'ha scoperta il segretario del Partito Democratico. Ed è stato peggio. Divideva la passione per la politica con quella per l’hard, così una giovane segretaria di un circolo Pd di San Miniato, in provincia di Pisa, ha deciso di girare un film porno. Nonostante la mascherina indossata durante le scene roventi sarebbe stata riconosciuta "confrontando" le immagini del film intitolato "È venuto a saperlo mia madre" con quelle del suo profilo su Facebook. Così, riferiscono oggi alcuni quotidiani locali, il passo inevitabile è stato quello delle dimissioni dal suo ruolo nel partito.
Molto brava e preparata Il dispiacere per i dirigenti locali democratici sembra non essere solo per la circostanza in cui le dimissioni sono maturate, ma anche perché la giovane è considerata molto brava e preparata dal punto di vista politico. Quanto ha fatto è stato considerato "una grave leggerezza" e le sue conseguenze "una perdita" per il Pd della zona del Comprensorio del cuoio, tra Pisa e Firenze. Il film a luci rosse, proposto in vendita da una casa di produzione anche sul web, vede impegnata la ormai ex segretaria del circolo Pd insieme ad un’altra ragazza e due porno-attori.
La precisazione del Pd In una nota il segretario provinciale del Pd pisano Francesco Nocchi e il segretario comunale di San Miniato Massimo Baldacci, fanno sapere che la giovane ha recapitato "una lettera di dimissioni volontarie dagli incarichi", cioè dalla segretaria di circolo e da quella comunale del partito. "Non è vero - precisano poi i due dirigenti - che il Pd abbia discusso in nessuno dei suoi organismi della vicenda della ragazza". La ragazza non è stata neanche sospesa dal partito, a cui è tuttora regolarmente iscritta. "Da alcuni mesi - spiegano spiegano ancora i dirigenti Pd - si è allontanata, senza che sia intervenuta nessuna rottura politica, per motivi personali, anche di studio: tra l’altro, anche se i giornali non hanno riportato questa notizia, si è laureata pochi giorni fa". 

Torino, choc in ospedale Centrale d'ossigeno rotta Muore bimbo di 9 anni.

Un bambino di origine venezuelana, operato nel reparto di oncologia dell’ospedale infantile "Regina Margherita" di Torino, è morto. Incidente alla centrale di distribuzione dell’ossigeno: erano in corso dei lavori. Coinvolti altri 4 bambini coinvolti, ma stanno tutti bene.






Un bambino di 9 anni, di origine venezuelana, operato nel reparto di oncologia dell’ospedale infantile "Regina Margherita" di Torino, è morto oggi per un incidente alla centrale di distribuzione dell’ossigeno, dove erano in corso dei lavori.
La ricostruzione dei fatti Secondo quanto si apprende il bambino era ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale. Sono in corso verifiche per chiarire la dinamica dell’incidente. L’incidente è stato confermato dalla Direzione regionale della Sanità del Piemonte che sottolinea che "il prodigarsi del personale in occasione dell’emergenza ha evitato che l’incidente avesse ulteriori drammatiche conseguenze su altri pazienti". Sono in corso verifiche sull’episodio e il materiale acquisito sarà messo a disposizione della Procura.
Coinvolti altri 4 bambini Altri cinque bambini coinvolti nell’incidente stavano respirando una miscela di aria e ossigeno per cui - hanno riferito fonti dell’ospedale Regina Margherita - non si sono neanche accorti del problema creato dalla mancanza di ossigeno. Due di loro si trovavano in sala operatoria per essere sottoposti a intervento chirurgico; tre (fra i quali il piccolo venezuelano deceduto) erano nel reparto Rianimazione-Terapia intensiva e uno nel reparto Cardioanestesia. L’incidente - da quanto si è saputo in ospedale - è avvenuto nel pomeriggio, fra le 15:30 e le 16.  
Un evento raro e inspiegabile Un paziente cui viene somministrato ossigeno "normalmente può sopravvivere 10-15 minuti all’interruzione dello stesso, nei pazienti gravi il tempo si riduce a pochi minuti". Così Vincenzo Carpino, presidente del sindacato medici di anestesia e rianimazione Aaroi-Emac interviene sulla tragedia all’ospedale Regina Margherita di Torino. Un evento, quello occorso all’ospedale, dice l’esperto, "molto raro e inspiegabile. Se è vero che erano in corso lavori alla centrale ci voleva più attenzione e prudenza, attrezzandosi in maniera tale da poter far fronte a eventi di questo tipo. Un’attenzione che doveva essere doppia considerato che si trattava di un ospedale pediatrico". Carpino ricorda che "ogni ospedale ha una scorta di bombole di ossigeno volte a far fronte ad eventuali esigenze, o a imprevisti come la rottura dell’impianto di distribuzione dell’ossigeno. Normalmente ne hanno una piccola riserva non sufficiente per tutti i pazienti, destinata soprattutto alla sale operatorie e ai reparti di rianimazione. In questo caso, però, la prudenza doveva essere maggiore". 

martedì 28 giugno 2011

Caso rifiuti a Napoli Caro De Magistris, arrangiati o dimettiti.

Il sindaco si crede San Gennaro: aveva promesso di eliminare i rifiuti in 5 giorni e la città è più lercia che mai. Spera che un intervento del governo lo tolga dai guai. Se ci sarà un salvataggio sarà l’ultimo.






Caro sindaco di Na­poli, Luigi De Magi­­stris, vorrei avere la cittadinanza na­poletana e spero che lei me la possa concedere. Mi serve allo scopo di par­lare schiettamente della monnezza senza rischia­re di essere accusato di antinapoletanità. Ri­schio che oggi, per me co­me per tutti coloro che ne discutono, è una certez­za. Recentemente ho par­tecipato a una puntata di Annozero. Michele Santo­ro è stato gentile e rispet­toso, in linea di massima, ma quando ho discettato di rifiuti che minacciava­no, già un mese fa, di soffocare la città, ho argui­to che non gradi­va le mie argo­mentazioni. Le solite: bisogna che le ammini­strazioni locali provvedano da sé a smaltire la sozzeria; non possono sempre, oggi co­me anni fa, puntare sul­l’aiuto del governo cen­trale, dello Stato, di altre regioni. Neanche avessi bestemmiato in chiesa. Il conduttore, spazientito, ha commentato: questo significa che tu abbando­neresti volentieri Napoli al suo destino, quello di soccombere all’immon­dizia. Non era questo il senso del mio discorso. Al contrario, ero e sono convinto che in casi di emergenza tutta l’Italia debba intervenire a Na­poli e altrove per dare una mano ai compatrioti in difficoltà. Che cos’è l’emergenza? È un fatto eccezionale che una sin­gola città o regione non è preparata ad affrontare autonomamente. Ma le lordure partenopee non sono assolutamente una calamità che ha colpito al­l’improvviso il Comune. Altrimenti saremmo de­gli incoscienti a non anda­re in soccorso dei fratelli napoletani.
Le suddette lordure purtroppo sono una ma­lattia endemica, fanno parte da qualche lustro della normalità, del pae­saggio vesuviano, esatta­men­te come i pini maritti­mi delle famose cartoline illustrate. Se­gno che i sinda­ci, le giunte e la cittadinanza non sono stati capaci di preve­nire il fenome­no né di repri­merlo e si sono rassegnati a su­birlo, confidan­do­nella collabo­razione di altre ammini­strazioni. Finora in effetti è stato così.
Alcuni anni orsono, Ro­mano Prodi «regnante», esplose il dramma mon­nezza, la stessa situazio­ne odierna. Il governo di centrosinistra, totalmen­te disarmato, fu costretto a prenderne atto, chie­dendo una mano a varie regioni affinché si impe­gnassero a realizzare ciò che la Campania non era in grado di fare: smaltire il grosso della spazzatu­ra. Il che avvenne solo parzialmente. Di lì a po­co, Prodi cadde; e comin­ciò la campagna elettorale, protagonista Silvio Berlusconi, che promise: sistemerò la questione in fretta. Fu di parola. La Protezione civile si prodigò e compì il miracolo. Strade linde, niente più pile di lerciume né cattivi odori.
Trascorsi tre anni, ci risiamo: solita scena, schifezze in ogni luogo. Perché? Ovvio. Come sostenevo all’inizio, un conto è gestire l’emergenza (e il premier la gestì in modo appropriato, col capo della Protezione, Guido Bertolaso), un altro è creare le premesse organizzative affinché non se ne presenti più un’altra. A chi toccava crearle? È evidente. Agli enti territoriali, secondo un modello consolidato e che funziona dalle Alpi alla Sicilia: ogni comunità, dalla più piccola alla più grande, smaltisce i propri rifiuti.
Tutti gli italiani si sono adeguati alla regola eccetto i napoletani. Che sono però le prime vittimedell’inefficienza dei loro rappresentanti democraticamente eletti. Vittime anche della camorra, afferma qualcuno, la quale briga per mantenere lo status quo al fine di ottenere l’appalto (ricco) del trasporto e dell’eliminazione del pattume. Sarà vero? Non sono addentro alla segrete cose della criminalità, ma so che essa nasce e si sviluppa nelle zone in cui il tessuto sociale è marcio. La camorra, come la mozzarella di bufala, è un prodotto campano tipico e non viene importato da Lugano o da Pordenone. Se inoltre analizziamo la grana immondizia sulla base delle cifre a disposizione, ci accorgiamo che la tassa comunale sui rifiuti di Napoli è la più alta d’Italia, però circa l’80 per cento della popolazione la evade, giustificandosi in maniera apparentemente corretta: il servizio non c’è, scemo chi lo paga.
Il concetto è limpido. Ma la riflessione si può rovesciare: finché la gente non paga un servizio, non ne usufruirà mai. Chi è nel giusto e chi sbaglia? Lo chiediamo a lei, signor sindaco, visto che ha vinto le elezioni puntando proprio su questo problema e giurando di risolverlo all’istante. Le ricordo una sua battuta imprudente: votatemi, e in cinque giorni renderò Napoli linda quanto non lo fu mai. Concordo con lei che in campagna elettorale qualche spacconata è lecita. Cinque giorni sono un’inezia? Facciamo dieci. Massì, largheggiamo: quindici. Poi però è necessario fare qualcosa di concreto, tangibile. E lei invece fin qui si è limitato a piagnucolare, dando la colpa a tutti, perfino a Berlusconi, del lerciume che continua a essere l’elemento di maggior spicco in città.
Mi domando come le sia venuto in mente di sbilanciarsi tanto: cinque giorni e vi restituirò la metropoli nel suo splendore. Ma chi credeva di essere,San Gennaro?Tra l’altro lei, bullismo a parte, ha sbandierato una ricetta a suo dire miracolosa, in realtà insensata: imporrò ai napoletani la raccolta differenziata e le sconcezze spariranno.
Termovalorizzatori (inceneritori), neanche a parlarne. Perché danneggiano la salute e sono inutili. Udendo queste sciocchezze le confesso di essere rimasto basito. Un quesito. Diamo per buono che lei sia all’altezza di pretendere la raccolta differenziata. Poi che se ne fa? Dove la nasconde, sotto il tappeto? La getta in mare o nel cratere del Vesuvio? La spedisce a Nichi Vendola? Oppure a Giuliano Pisapia (Roberto Formigoni non se la piglia, si metta il cuore in pace)?
Differenziata o no, l’immondizia o si brucia negli impianti appositi oppure giace lì e, come dice il leghista Matteo Salvini, tocca mangiarla.
Tertium non datur . A meno che lei non abbia in testa un’idea strana che le consiglio subito di accantonare in quanto irrealizzabile: e cioè impacchettare per bene la sporcizia e inviarla in Germaniaperché i tedeschi si incarichino, dietro compenso, a incenerirla. Nell’eventualità, chi salderebbe le fatture? Lo Stato ovvero tutti noi? Se lo scordi.Per quale motivo l’Italia intera sacrifica risorse ingenti per smaltire in casa tonnellate di monnezza, e solo Napoli - dato che a lei non piacciono i termovalorizzatori - reclama il diritto a rifilarla ad altri gratis o comunque a spese della collettività?
Caro sindaco, è risaputo che adesso lei attenda fiducioso l’approvazione di un decreto che la tolga dai guai in cui si è ficcato da sé, garantendo ai suoi concittadini di possedere virtù soprannaturali. Può darsi che Berlusconi le venga incontro, e che Bossi mandi giù un’altra palata di pattume, giusto per dimostrare a chi l’ha votata di essere più bravi di lei. Ma se le lanceranno una scialuppa di salvataggio, sappia che è l’ultima. Dopo di che imparerà ad arrangiarsi oppure a ( dignitosamente) dimettersi.

Bufera Enac, appalti e tangenti: preso l'ex consulente di Bersani

Bufera nel Pd. Inchiesta su presunte irregolarità legate a un appalto del settore aereo per il collegamento dell'Isola d'Elba con l'aeroporto di Roma Urbe. A Pronzato è contestata una tangente da 40mila euro: il dirigente si sarebbe "messo a disposizione" della Rotkopf, per il tramite di Vincenzo Morichini, imprenditore vicino a Massimo D’Alema, per agevolare la partecipazione della Rotkopf all’appalto dell’Enac. Spunta anche un appunto, dove accanto a sei-sette nomi, anche di politici e di soggetti istituzionali, ci sono scritte somme di danaro.








Franco Pronzato, componente del consiglio di amministrazione dell’Enac nonché ex consulente dell'allora ministro dei Trasporti Pierluigi Bersani e attuale coordinatore del settore trasporto aereo del Pd, è stato arrestato a Genova nell’ambito dell’inchiesta della procura di Roma sul bando di gara dell’Enac, del valore di circa 1 milione di euro, per garantire i voli di collegamento tra l’Isola d’Elba e l’aeroporto di Roma Urbe. Gli uomini della Guardia di finanza di Roma, assistiti dai loro colleghi liguri, hanno compiuto anche una perquisizione nell’appartamento.
La tangente da 40mila euro Una tangente da 40mila euro è quanto contesta la procura di Roma a Pronzato. Il dirigente, secondo l’accusa, si sarebbe "messo a disposizione" della Rotkopf, per il tramite di Vincenzo Morichini, ex amministratore del consorzio di agenzie Ina Assitalia di Roma, imprenditore vicino a Massimo D’Alema, al fine di agevolare la partecipazione della Rotkopf all’appalto, da un milione di euro, dell’Enac. In particolare, Pronzato avrebbe agevolato la società di trasporto aereo per l’ottenimento del Coa, il certificato di operatore aereo, necessario per la partecipazione alla gara. E ciò, attraverso pressioni presso l’Enac. È stato lo stesso Morichini, uno dei sei indagati nell’inchiesta del pm Paolo Ielo, ad ammettere di aver ricevuto i 40 mila euro da Viscardo Paganelli e di averli consegnata a Pronzato. Questi, a sua volta, avrebbe dato 20 mila euro a Morichini. Proprio le conferme di Morichini, insieme con le intercettazioni telefoniche, hanno determinato l’operazione di oggi del nucleo valutario della Guardia di Finanza, guidato da Leandro Cuzzocrea. L’altro episodio al centro dell’inchiesta è relativa ad una falsa fattura da 28mila euro riconducibile alla Rotkopf e per la cui liquidazione Pronzato fece delle pressioni. Solo per questo caso è coinvolto l’imprenditore Smeriglio.
Nomi di politici e somme di denaro Nell’inchiesta romana, spunta anche un appunto, sequestrato all’amministratore della Rotkopf Viscardo Paganelli, dove accanto a sei-sette nomi, anche di politici e di soggetti istituzionali, ci sono scritte somme di danaro. Si tratta, secondo quanto si è appreso, di cifre ammontanti complessivamente a circa 150/200mila euro. lcune somme sono contabilizzate e fanno riferimento a versamenti, come nel caso della Fondazione Italiana Europei, assolutamente leciti. Diversa la natura di altri casi, come per i 40mila euro destinanti all’ex dirigente di Enac Franco Pronzato. Il sospetto è quello di un giro di tangenti più ampio ed ora il pm Paolo Ielo vuole fare luce non solo su queste altre somme di danaro, ma anche a che tipo di affari facciano riferimento. Se siano, cioè, sempre collegati all'affaire del servizio aereo per l’Elba o riguardino altre situazioni. Sarà, questo, uno dei temi dell’interrogatorio di garanzia al quale sarà sottoposto Viscardo Paganelli nei prossimi giorni. Dell’appunto si parla anche nell’ordinanza di custodia cautelare del gip Tamburelli nella parte in cui, parlando degli elementi probatori, afferma che "le dichiarazioni di Piccini, quelle di Morichini, le conversazioni intercettate fino ai documenti sequestrati", compreso l’appunto, convergono tutti "a indicare come del tutto verosimile ed anzi probabile l’ipotesi accusatoria, che cioè si sia in presenza di una prassi diffusa di ricorso al meccanismo della corruzione ad esponenti delle istituzioni e della politica".
Gli altri arrestati Oltre a Pronzato sono quattro complessivamente le persone arrestate: Viscardo e Riccardo Paganelli, che sono direttore e amministratore della Società aerea Rotcopf Aviation Limited, controllata dalla Rotcopf Aviation Italia, e Giuseppe Smeriglio, imprenditore. L’accusa per tutti è quella di corruzione. A firmare i provvedimenti di arresto è stato il Gip Elvira Tamburelli. Per quanto riguarda la posizione di Smeriglio, l’ordine di custodia cautelare avrà efficacia per 45 giorni.

mercoledì 22 giugno 2011

Berlusconi, rifila una spallata a Bersani, Di Pietro e Fini.

 Verifica alla Camera: la maggioranza tiene ancora . Brutto KO per chi sperava e tifava contro. Il Pd fugge e litiga con Di Pietro, Fini incassa la sconfitta.






"Un, due, tre, spallata". La sinistra e le opposizioni ci sperano da immemore tempo. Cominciarono a crederci quando a Gianfranco Fini furono rubate le frasi sul "cesarismo" di Silvio Berlusconi. Parole troppo pesanti perché quell'alleanza potesse reggere. E in effeti, di tensione in tensione, passando per Montecarlo e per il "Che fai? mi cacci", quell'alleanza è collassata. Fini se n'è andato, ha creato la pattuglia futurista e ha cominciato a sussurrare: "Un, due, tre, spallata". Lo scorso 14 dicembre più che un sussurro - quello di Fini e con lui Bersani, Casini, Di Pietro e compagnia bella - era un grido di battaglia. Era tutto pronto. Era tutto sicuro. Berlusconi sarebbe stato sfiduciato. E invece...
Solito copione - Il copione negli ultimi mesi non è cambiato molto. Ogni occasione è buona per sotterrare questo governo e lasciarsi alla spalle, definitivamente, il ventennio marchiato dal Cavaliere. Così arrivano le amministrative vinte da Pisapia e De Magistris. Non esattamente due esponenti della formazione politica che oggi sostiene di rappresentare la maggioranza relativa, ovvero il Partito Democratico. Ma il ritornello non è cambiato: tutti sul carro del vincitore, tutti a dire che la maggioranza si è squagliata, che la maggioranza c'è soltanto in Parlamento (come se quest'ultimo fosse un dettaglio di poco conto). Questa maggioranza, però in aula esiste ed è solida: l'ultima dimostrazione è arrivata martedì con la fiducia sul dl Sviluppo. I numeri crescono. Questo accade grazie anche ai cosiddetti Responsabili, i 'fuoriusciti' da diversi partiti che si sono reinventati terza gamba del governo e proseguire nel piano di riforme. Questi Responsabili hanno - per l'ennesima volta - costretto Giorgio Napolitano a bacchettare la maggioranza. "L'esecutivo è cambiato - argomentava il Capo dello Stato -. Serve una verifica in Parlamento sulla nuova formazione".
Sfiducia e fiducia - La richiesta di Napolitano era arrivata prima della amministrative e prima del referendum. La tornata referendaria si era trasformata - ancora una volta e nonostante la posizione soft tenuta da Berlsconi - nell'ultimo test su Cavaliere: se vincono i 'no' sarà vita, se vincono i 'sì' sarà morte (del governo, chiaro). Lo stesso Napolitano, sui quesiti, ha voluto dire la sua: "Andrò a votare". Il responso dell urne è stato nettisimo: hanno vinto i 'sì' a valanga. E così, da gran parte dell'arcobaleno parlamentare, dagli schermi delle televisioni, dalle piazze gremite dalle pattuglie anti-berlusconiane, ha cominciato a levarsi il solito coro: "Un, due, tre, spallata". In questo clima da caccia alle streghe, si è arrivati al già citato voto di fiducia sul dl Sviluppo. Risultato? Nessuna spallata. I numeri parlano di un governo ben in sella, mai così saldo dai tempi dell'addio di Gianfranco Fini. Dal Capo dello Stato, però, non è arrivato nemmeno un cenno istituzionale, nemmeno una parola che certificasse lo stato di buona salute del governo, riuscito a ricompattarsi anche dopo l'adunata leghista di Pontida, dopo le tensioni per il trasferimento dei ministeri e quelle per l'impegno militare in Libia.
L'ultima verifica - Successivamente al voto sul dl Sviluppo, Berlusconi è tornato a Montecitorio: il giorno della verifica per la maggioranza è arrivato, anche se di 'test', come ha ricordato martedì Angelino Alfano, "ce ne sono già stati tantissimi a partire dallo scorso 14 dicembre". Fuori dalla Camera, intanto, i virtuosi della democrazia (studenti, centri sociali e Cobas) facevano sfoggio delle loro prerogative: petardi, sampietrini, bombe carte, uova marce e chi più ne ha più ne metta. Anche loro vogliono, bramano fortissimamente, la spallata. Che non arriva. E non arriverà.
Al Colle - Dopo il voto, il premier è salito al Quirinale per un confronto con il presidente. Nessuno si aspetta che Napolitano scriva una nota per spiegare alle truppe cammellate dell'antiberlusconimo militante che questo governo morirà di morte naturale, plausibilmente arrivando al termine della Legislatura. Ma un intervento del Capo dello Stato per stigmatizzare il comportamento dei violenti - o anche quello del Partito democratico che abbandona l'aula, perché no - come al solito si fa attendere. All'infinito.

Di Pietro incontra Berlusconi Bersani s'infuria: è subito rissa

Forte del record ottenuto alla Camera ieri, il premier rilancia l'azione di governo e chiede all'opposizione di fare la sua parte. Poi si intrattiene in un lungo colloquio con Di Pietro che gli lancia la sfida per avere il suo appoggio: nell'agenda economia e giustizia. Poi lancia una stoccata al Pd: "Bisogna cominciare subito a costruire l’alternativa". E dà a Bersani l'ultimatum affinché convochi tutta l'opposizione, ma lui replica: "L'alternativa sta nel Paese". E l'ex pm si spazientisce.






Succede tutto in una giornata. Forte del record ottenuto alla Camera ieri, il premier Silvio Berlusconi si presenta davanti ai deputati per rilanciare l'azione di governo. I numeri li ha, l'opposizione non può farci niente. E, proprio quando la sinistra sembrava ricompattarsi attorno alla vittoria incassata alle amministrative, ecco le prime crepe nella coalizione. E' ancora una volta il laeder dell'Idv Antonio Di Pietro a sfidare il piddì Pier Luigi Bersani invitandolo a realizzare subito quell'alternativa che da mesi sbandiera ai quattro venti. 
Avrebbe dovuto essere un intervento contro il governo, in piena verifica di maggioranza. Invece, Di Pietro ha preso la parola in Aula a Montecitorio e il suo discorso è stato tutto rivolto all'opposizione e, in particolar modo, a Bersani. "Bisogna cominciare subito a costruire l’alternativa - ha esortato l'ex pm - comincia tu, amico Luigi, perché spetta a te il dovere, l’onore e l’onere di convocarci". D'altra parte era stato proprio Berlusconi a ricordato, in mattinata, che in parlamento esistono tre o quattro opposizioni. Per questo, Di Pietro ha cercato la sponda di Bersani per sfidare il Cavaliere su questo campo: "Altrimenti ci limiteremmo a chiedere il voto ai cittadini come plebiscito positivo o negativo sull’attività di governo di Berlusconi". "I cittadini - ha ricordato il leader dell'Idv - hanno già detto alle amministrative e ai referendum che c’è una delusione, una divaricazione tra la maggioranza numerica di questo Parlamento e quella reale del paese. Siccome difficilmente questo governo si schioderà, abbiamo due anni per costruire l’alternativa ma dobbiamo cominciare subito".
Programma, coalizione e leadership. Questi i punti messi all'ordine del giorno da Di Pietro. Punti fondamentali per l'ex pm al fine di evitare "salti nel buio". "Non me la sento di dire ai cittadini di votare un leader senza dire dove mi porta - spiega Di Pietro - magari un oscuro premier che parla bene e affabula tanto, ma non so se ha in capo un mondo liberale, di economia basata sulla libera concorrenza, sulla meritocrazia, sull’efficienza del servizio pubblico".
Quello che vuole Di Pietro è una risposta concreta. Risposta che tarda ad arrivare da Bersani, braccato dalla sinistra radicale guidata da Nichi Vendola e sempre più tentato dai centristi del Terzo Polo. Per questo l'ex pm sfida anche Berlusconi: "Ha chiesto che l’opposizione gli dia una mano. Bene presidente del Consiglio, io la sfido". E fa l'elenco: portare dal 12,5 al 20 per cento la tassazione delle speculazioni finanziarie; riformare la giustizia per farla funzionare; eliminare il reato di immigrazione clandestina. Un bluff? O l'ennesima boutade? Non si sa. E' certo che la sparata di Di Pietro arriva qualche minuto dopo un lungo e quanto mai insolito colloquio tra i banchi della Camera con Berlusconi. Terminata la prima parte della seduta il premier si è, infatti, fermato in Aula salutando alcuni parlamentari del Pdl. Subito dopo il Cavaliere si è avvicinanto al tavolo delle commissioni, esattamente di fronte ai banchi del governo, e ha salutato Di Pietro che era seduto al tavolo. I due si messi vicini all’estremità del tavolo e si sono parlati a lungo. Berlusconi ha gesticolato in maniera evidente mentre il leader dell’Idv lo ascoltava. Tra i due anche qualche sorriso.
Per ora non è dato di sapere che cosa si siano detti i due politici. Bersani si è limitato a chiosare con un "non soffro di gelosia, beato lui...". Ma non riesce a nascondere la propria stizza. Tanto che, dopo aver assicurato che di riunioni ce ne saranno eccome, ha spiegato che "l'alternativa sta nel Paese, in una riscossa civica e morale che riesca ad affrontare i problemi davanti". Ma Di Pietro sembra essersi stufato di aspettare e preme il leader del Pd perché dalle parole passi ai fatti.

domenica 19 giugno 2011

De Magistris: quando era in magistratura quante favole ci ha raccontato.






è chi pensa che Bin Laden non sia stato ucciso e che le Twin Towers le abbia buttate giù Israele. Figurarsi se può meravigliare che, ridotto il perimetro, ci sia una moltitudine di persone convinta che De Magistris è stato fatto fuori dalla magistratura perché indagava su «poteri occulti e pezzi deviati dello Stato». Di solito, legittimamente, sguazzano negli stessi ambiti politico-culturali. Tra questi c’è soprattutto il diretto interessato, oggi  sindaco di Napoli.
Bisognerebbe però chiarirsi le idee: non per fare i precisini, ma dire che «nel 2007 feci una perquisizione a Bisignani e pochi giorni dopo il Guardasigilli Mastella accelerò la procedura di ispezione condotta da alcuni magistrati che indagavano sull’inchiesta P4» contrasta con quanto sostenuto nel tempo. Ricapitoliamo. Quando era ancora pm a Catanzaro ordinò una perquisizione nei confronti di Bisignani, convinto che fosse l’apice di una loggia massonica in quel di San Marino. Si scoprì presto che era pura suggestione (così scrisse il primo giudice che ebbe modo di leggere le carte).
Ma è la scansione temporale degli eventi a contraddire ciò che il sindaco di Napoli ha dichiarato 3 giorni fa alla stampa: l’inchiesta Why Not, come rilevato anche dal blogger Sabatino Savaglio, deflagrò il 18 giugno 2007 con una pioggia di avvisi di garanzia. Da quel momento divenne un fatto solo mediatico. Il 2 luglio Bisignani viene indagato insieme ai “prodiani” Gozi e Scarpellini. Il 13 c’è il colpo grosso: Romano Prodi, premier in carica, subisce lo stesso trattamento per «violazione della legge Anselmi sulle società segrete». Succede un macello e il pm diventa un eroe. Il 26 luglio arrivano gli ispettori ministeriali: quasi un atto dovuto visto il caos che si profilava e vista, soprattutto, la struttura periclitante delle accuse. La richiesta di trasferimento arriverà molto dopo, precisamente il 21 settembre: per tutta risposta il Guardasigilli finisce indagato dallo stesso pm su cui aveva, come impone la Costituzione, chiesto di far luce. Il resto si sa: finisce tutto in barzelletta mentre De Magistris spicca il volo grazie a Santoro.
Quel che non torna più d’ogni altra cosa è questo: se Bisignani è all’origine dei suoi guai, come si spiegano i circa 70 “interrogatori” resi a Salerno da De Magistris sfociati in un processo, tuttora in corso, dove dell’«uomo chiave» della P4 non c’è traccia? L’ex pm ha sostenuto che i magistrati Murone e Favi, l’avvocato Pittelli, l’imprenditore Saladino ed altri hanno complottato per scippargli le indagini. E Bisignani? O non è vera questa ipotesi, e dunque anche il processo di Salerno è una bufala, oppure non è vero che, toccato Bisignani, lui sia saltato.
Non sarebbe il primo incidente “mediatico”. Qualche mese fa, con i boatos della P4 in itinere, De Magistris dichiarò le stesse cose al Fatto: «Ho trovato le stesse persone su cui indagavo in Why Not, come Bisignani e Papa in contatto con Saladino (che subitò lo querelò, ndr)». Non era quel Papa lì ma un imprenditore pugliese omonimo,Vincenzo, e Saladino non sapeva neppure chi fosse Bisignani: come è scritto negli atti di Why Not.
Cose che capitano.

Fassino: La sinistra che incassa.


Un impegno concreto: multare tutta Torino con un rincaro del 30%. Bravo Sindaco!!!




Un impegno concreto: più multe per tutti. Nemmeno il tempo di insediarsi, che Piero Fassino ha tirato fuori il blocchetto. Il piano del neosindaco di Torino, d’altronde, è ambizioso: un milione di contravvenzioni. Andiamo con ordine. 30 maggio scorso: pochi giorni dopo la vittoria elettorale al primo turno dell’ex segretario dei Democratici di sinistra, il Comune di Torino pubblica un bando di gara triennale. Roba grossa, in ballo ci sono poco meno di tredici milioni di euro. E per che cosa lo fanno il bando?
Per affidare i servizi di «notificazione e archiviazione delle violazioni al codice della strada», che tradotto dal burocratese significa una e una sola cosa: multe. Fin qui, tuttavia, nulla di inquietante. Multare la cittadinanza, piaccia o no, rientra tra le competenze di un’amministrazione comunale: è uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo. La parte brutta arriva subito dopo, quando si va a controllare il bando in profondità. Sul sito del Comune c’è il capitolato d’appalto, e bisogna scorrere fino al punto 3.2 del contratto proposto. Testuale: «La civica amministrazione si impegna a richiedere nel triennio, un quantitativo minimo di notifiche pari a n. 1.000.000». Un milione di multe in tre anni, poco meno di trecentocinquantamila ogni dodici mesi.

BLOCCHETTO SOCIALE
L’obiettivo, si diceva, è ambizioso. Anche perché non è che Torino vanti chissà quale tradizione quanto a violazioni del codice della strada. Anzi, sotto la Mole i guidatori paiono essere più disciplinati rispetto ad altre latitudini. Almeno a guardare le statistiche: negli ultimi cinque anni i vigili torinesi hanno staccato una media di 250mila contravvenzioni annue. Ancora più virtuosi i guidatori della provincia di Torino (dove tuttavia la municipale del capoluogo opera sporadicamente): lì la media si aggira sulle 200mila multe all’anno.
E col nuovo corso targato Fassino non solo si dovranno aumentare le multe recapitate ogni anno, ma lo si dovrà anche fare in condizioni ambientali proibitive. Perché grazie alla precedente giunta guidata da Sergio Chiamparino (sempre a mettersi i bastoni tra le ruote nel Pd...) beccarsi una contravvenzione a Torino è diventato assai più difficile che in passato. Merito del nuovo piano di parcheggi realizzato in occasione del centocinquantenario dell’Unità d’Italia dal Comune, che ha trasformato in un gigantesco posteggio buona parte del sottosuolo del centro storico. Un’oasi del parcheggio underground cui si può accedere da ogni lato del centro (corso Vittorio, via Po, piazza Vittorio, piazza Castello, via Pietro Micca eccetera) e che mette automaticamente l’automobilista al riparo da blocchetto selvaggio, dato che per uscire bisogna prima avere pagato il biglietto per il posteggio.

LA SOSTA COSTA
Il problema - ammesso che di problema sia sensato parlare - è che la stragrande maggioranza delle contravvenzioni elevate nel capoluogo piemontese portavano proprio la dicitura “divieto di sosta” nella causale ed avevano nel centro storico la propria cornice. E, eliminato o quasi alla radice il problema della sosta vietata nel salotto buono della città, non è peregrino ipotizzare un venturo, drastico calo delle infrazioni di tale disposizione. Stessa sorte è attesa per le relative multe.
La sfida, come si vede, è davvero titanica: fare un milione di multe ad una città che ha poco più di novecentomila abitanti, peraltro avendo già provveduto a rimuovere la principale causa delle multe medesime. Vasto programma, si dirà, anche per un politico navigato come Fassino. Ma c’è da stare sicuri che, non importa attraverso quali e quante difficoltà, alla fine il risultato lo porterà a casa. Perché a sinistra, quando si tratta di sfilare quattrini alla cittadinanza, non temono concorrenza alcuna.

Il nuovo di Vendola: ora via la legge Biagi.

Il leader di Sel annuncia il suo programma di governo. E vuole riportare il Paese indietro di vent’anni.







«Si vince a sinistra», dice Nichi Vendola. E spiega a nuora Sel, perché suocera Bersani intenda, quale deve essere l’agenda del nuovo «centrosinistra da rifondare»: abolizione della legge Biagi («Non può essere un tabù: lo dico a Pd e Idv, dobbiamo tradurre politicamente la critica al modello di precarizzazione»); aumento della tassazione sulle rendite e aumento della tassazione sui redditi alti perché ora «si preleva tutto dai ceti medio bassi e nulla dai ricchi»; reddito di cittadinanza («Ormai solo la Grecia non lo applica, in Europa, e non mi pare l’esempio da seguire», sottolinea Franco Giordano).
Vendola parla a Roma, all’assemblea nazionale del suo partito, e battibecca con Pierluigi Bersani che si trova in quel di Genova a chiudere l’assemblea nazionale del suo partito sul tema del lavoro. I due sembrano «già in campagna elettorale per le primarie», come sottolineano da Sel, dove si fa il tifo per una consultazione sulla leadership che avvenga prima possibile: il prossimo autunno, è la speranza di Nichi, che punta a capitalizzare il più possibile il movimentismo referendario e internettiano proponendosi come suo referente in politica, e a condizionare da sinistra la preparazione del programma di governo della futura coalizione.
Un po’ come Bertinotti nella stagione di Romano Prodi, quando era Rifondazione a dettare la linea al Professore usando il proprio potere di veto sul governo. In casa Pd i riformisti tremano: «Ci ricordiamo bene cosa succedeva a quel tempo, quando Prodi giurava che avrebbe tenuto duro e poi finiva sempre per cedere e mettersi d’accordo con Rifondazione». Certo, Vendola partiva da un progetto molto più ambizioso: quello di lanciare un’Opa sull’intero Pd aggiudicandosi la guida del centrosinistra nelle primarie (un po’ come Pisapia a Milano) contro un leader debole e strattonato dalle correnti del suo partito come Bersani. Ora però la convinzione di poter vincere a man bassa si è molto indebolita, mentre la leadership di Bersani si è assai rafforzata dopo la vittoria nelle amministrative e nei referendum. E Sinistra e libertà può anche rivendicare che a vincere nei luoghi simbolo, Milano prima di tutto ma anche Cagliari o Napoli, non sono certo stati gli uomini scelti dal Pd; e che i referendum il Pd li ha boicottati per mesi prima di saltare al volo sul carro per motivi squisitamente politici. Quel che conta in politica è il risultato finale, non come ci si è arrivati: e Bersani è abilmente riuscito a uscire da entrambe le consultazioni con l’immagine del vincitore, che ha messo il principale partito del centrosinistra a disposizione del «vento che cambia», assecondandolo.
Tra Roma e Genova, Vendola e Bersani si punzecchiano a vicenda. «Non capisco queste aperture alla Lega, non c’è spazio per interlocuzioni con chi fa campagne esplicitamente razziste», tuona il capo di Sel. Bersani replica aspro: «Ma quale apertura, si vede che non capisce: noi la Lega la sfidiamo». Il segretario del Pd a sua volta sfotte Nichi accusandolo - senza nominarlo - di insistere sulle primarie subito per costruirsi una tribuna mediatica, per «personalismo», e «leaderismo» e «populismo». Con l’obiettivo neanche tanto recondito di indebolirne l’immagine facendolo passare per un «Berlusconi di sinistra, che si sente anche lui unto dal signore», come dicono i suoi. Vendola ribatte irritato: «Non si può fare una gara tra leader a chi è più antileaderistico, siamo tutti impegnati a combattere il leaderismo».
Intanto, confortando l’ala riformista del Pd, Bersani ha detto un secco «no grazie» a Maurizio Landini, che lo aveva invitato alla grande kermesse celebrativa dei 110 anni della Fiom (star l’altra sera il trio Santoro-Ingroia-Travaglio). Il segretario del Pd non è andato e ha spedito in sua vece la solita Rosy Bindi, e dentro Sel la cosa è stata presa male: «Si è voluto sottrarre al confronto con Nichi», dicono insinuando che Bersani abbia temuto di essere meno applaudito del capo di Sel. E comunque attaccano il Pd sul fronte dei rapporti sindacali: «Bersani non vuole legarsi alla Fiom, perché in quel partito deve tenere insieme la destra cislina, la sinistra Cgil e pure gli Ichino: quindi non riesce a prendere nessuna posizione».
Ma la questione di fondo resta che sulle primarie il Pd nicchia e fa orecchie da mercante: altro che in autunno, non si faranno certo prima di un anno abbondante - dicono dalle parti di Bersani - a meno che il governo non cada prima. Nel qual caso bisognerà puntare dritti al voto, cercando di schivare la trappola di quel «governo tecnico» per gestire l’emergenza economica che temono di intravvedere dietro gli appelli all’unità e alla responsabilità del Quirinale. Un governo chiamato a distribuire «lacrime e sangue», e dal quale la sinistra di Vendola (e forse di Di Pietro) resterebbe certamente fuori, mentre il Pd si ritroverebbe poi a pagarne le conseguenze nelle urne. «Molto meglio che sia l’attuale governo a fare la manovra, altrimenti ci ritroveremo di nuovo bersagliati come “la sinistra delle tasse”», ragiona Sergio D’Antoni. Meglio che sia la destra, in limine mortis, a fare il lavoro sporco.

Emergenza rifiuti, altro che pulita in 5 giorni. La Napoli di De Magistris coi sacchetti alla gola

Il neosindaco aveva garantito: "Via subito la spazzatura". Invece nella notte, in via Domenico Padula a Pianura, quartiere periferico di Napoli, sono state incendiate per protesta tonnellate di rifiuti. Nei Quartieri Spagnoli a poca distanza da via Toledo i marciapiedi sono sommersi dall’immondizia. E scoppia la protesta.La città sarà pulita entro martedì. La campagna elettorale e finita da un pezzo ma Luigi De Magistris continua a fare promesse ai napoletani. Rimessa nel cassetto la bandana color arancio della festa di Piazza Municipio, il Sindaco eletto con il 30% dei voti (infatti, il 50% del corpo elettorale è restato a casa) deve già fare i conti con la città ribelle. Luna di miele già finita? A giudicare dalle rivolte che stanno attraversando Napoli in lungo e in largo, dal centro alla periferia, dai quartieri chic a quelli borghesi, sembrerebbe di sì. Nella citta governata dal dipietrista, si trovano a terra oltre duemila tonnellate di immondizia, praticamente i rifiuti prodotti in un giorno e mezzo da un milione circa di napoletani. E così, gli ingressi di edifici pubblici e residenziali, chiese e scuole sono nuovamente ostruiti dalle montagnole di monnezza. E il caldo avanza.




L’aumento della temperatura ha provocato un improvviso (ma prevedibile) cattivo odore che si e espanso in tutti i quartieri. Ma, anche le proteste sono inscenate senza distinzione nelle strade del centro e della periferia. Sono tornati in strada anche i vigili del fuoco. Ieri una trentina di interventi, per spegnere le fiamme appiccate ai cumuli dalla gente che non ne può più (ma non si rende conto di quanto siano nocivi alla salute i roghi) dei vicoli e delle vie stracolme di sacchetti della spazzatura. E, poi, ci sono i gruppi, in particolar modo composti da donne e ragazzi che scendono in strada, afferrano i cassonetti oppure i sacchi colmi di spazzatura e li lanciano al centro della carreggiata, bloccando il traffico già caotico. Raid che durano pochi minuti: la gente subito dopo rientra nelle case prima dell’arrivo delle volanti della polizia.
Ma, sul sindaco De Magistris, già piovono accuse. Più dell’opposizione di centrodestra che appare silenziosa più che mai, è il fuoco amico ad abbattersi sull’ex pm. Il capogruppo del Pd in Regione, Giuseppe Russo lo attacca senza mezzi termini: «È del tutto evidente che De Magistris ha colto questa rivoluzione civica ed etica. Trasformarla in azione di governo è un’altra cosa. Essere all’altezza dei problemi della città avrebbe richiesto uno scatto, una capacità di coinvolgimento delle risorse più significative che per adesso non vedo. Vedo una giunta che viene definita civica, ma che in realta è molto politica, perimetrata sulla maggioranza consiliare e sulla coalizione del primo turno, con assessori che, salvo poche eccezioni, sono tutti provenienti dalla politica, espressione di Idv e Fds».
Da Palazzo san Giacomo De Magistris continua a governare lanciando accuse alla Lega e al Governo perché non firma il decreto per far portare i rifiuti in altre regioni. Ma, in difesa di Bossi e Calderoli interviene con un editoriale Marco Demarco, direttore del Corriere del Mezzogiorno, sicuramente poco vicino agli uomini di Pontida: «De Magistris adesso dice che in cinque giorni ci penserà lui. Vedremo. Intanto, tutti guardano alla Lega che urla, ma nessuno parla della Puglia di Vendola, che con una scusa o con un’altra, per mesi non ha accolto neanche un chilo dell’immondizia napoletana».
Al sindaco con la bandana replica il leghista Davide Boni, presidente del Consiglio regionale della Lombardia: «Il neo sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha promesso in campagna elettorale di risolvere il problema rifiuti: ora ha la possibilita di mantenere quanto annunciato. Certamente questo non pu avvenire a spese di tutte le altre Regioni. Chi produce rifiuti deve farsene carico, senza confidare nel solito assistenzialismo gratuito».
In campagna elettorale, De Magistris si era impegnato con un’altra promessa: sospendere il pagamento della Tarsu fino a quando Napoli non sarebbe ritornata a essere una città pulita ma ora non ne parla più. E poi, portare la città nell’arco di 6 mesi al 70 per cento della raccolta differenziata. Il suo vice sindaco, Tommaso Sodano, con delega ad Ambiente, Rifiuti e Igiene e Sanità sostiene di voler estendere la differenziata ad altri 160 mila cittadini (in aggiunta ai 150 mila, misera eredità lasciata da Rosetta Iervolino) entro 3 mesi. Si arriverebbe cosi al 30% circa. E l’altro 40 % da realizzare nei restanti tre mesi. Qualcuno ci crede?

martedì 14 giugno 2011

Caso Esogest Ambiente: una storia infinita, piena di zone d'ombra e di forzature.


                                                   Gruppo Consiliare  “Il Faro”

Allegato alla Interrogazione Consiliare Prot. 2843 del 18 marzo 2011

In merito alla questione posta alla base di questa interrogazione è necessario evidenziare alcuni aspetti fondamentali.
1)    La gara per il servizio, fu espletata avendo come riferimento un capitolato d’appalto che regolamentava il servizio;
2)    Lo stesso, elencava dettagliatamente tutti i servizi da svolgere sul territorio comunale, attraverso il numero di operatori e dei mezzi da impiegare con dei costi ben chiari;
3)    La  base d’asta era di € 53.306,00 per tre mesi e fu aggiudicata con un ribasso del 15,20% pari a 45.203,00;
4)    Che il contratto successivamente sottoscritto tra le parti, faceva trasparire che il servizio non era più di 3 mesi, ma che questi erano diventati 6 e che i giorni non erano più 92 ma 184;
5)    Che nel contratto non furono mai richiamati i documenti fondamentali ( D.U.R.C. e Certificato Antimafia) essenziali per i contratti fra la pubblica amministrazione ed i privati;
6)    Che alla scadenza dei 6 mesi (184 gg.) il servizio fu prorogato senza rispettare la normativa sia Nazionale che Europea;
7)    Che in occasione del rinnovo, non venne nemmeno applicata la Legge che prevedeva l’abbattimento del 3% sui costi dell’appalto, cosa che avviene dopo le trattative fra le parti nei casi di rinnovo;
8)    Che il rinnovo doveva prevedere un tempo ben determinato e per una sola volta e che comunque non poteva essere superiore ad 1 anno D.Lgs.del 30.12.2009 n,195 e L.n.62 del 2005;
Detto tutto ciò, mi avvio alla vere e sostanziali motivazioni dell’interpellanza presentata.
Su precisa nota scritta a seguito di specifica e motivata richiesta, l’Ufficio Tecnico Comunale, dichiara che gli operatori del cantieri di Casapulla della ditta Esogest Ambiente s.r.l. che svolge il servizio di raccolta, sono 15 invece di 13.
Tutto questo non è possibile se non contemplato o nel capitolato di appalto o determinato dall’amministrazione attraverso nuovi servizi aggiuntivi ben motivati dall’ufficio preposto.
Nasce spontanea la domanda di quali sono i servizi aggiuntivi non presenti nel capitolato e chi ha autorizzato l’assunzione di questi 2 nuovi operatori ecologici alla ditta?
Si precisa che dal 2008, non è possibile più assumere personale che non sia presente nell’elenco dei disponibili (lista di mobilità) del Consorzio Unico dei Rifiuti.
Tutto ciò, sta provocando o provocherà a breve un grave danno erariale per l’Ente, esponendo lo stesso ad una causa giudiziaria promossa dalla ditta che svolge il servizio.
Questa, che si è accollata una spesa per i 2 operatori in più, sicuramente a breve  richiederà il dovuto all’Ente perché a sua volta, questo ha usufruito di operatori in più, senza avere la dovuta copertura finanziaria nel capitolato d’appalto del 2009.
 Il tutto ha una definizione molto precisa nel campo dei pubblici appalti:
 “UN INDEBITO ARRICCCHIMENTO PER L’ENTE E UNA SOSTANZIALE PERDITA PER L’AZIENDA DI SERVIZIO”.
Da una stima sommaria, fatta attraverso le tabelle del Ministero del Lavoro, emerge che il vecchio capitolato non può contemplare i 2 nuovi operatori viste le somme che sono già esigue per il servizio.  
I 15 operatori costano alla ditta quasi € 40000,00 a fronte di un canone di 45000,00 iva compresa.
La media nazionale che regola gli operatori nei servizi di igiene urbana, prevede 1 operatore ogni 1000 abitanti e per noi la previsione sarebbe di 8 operatori.
I 13 operatori già presenti sul cantiere di Casapulla sono frutto di una previsione scellerata che il Consorzio Ce 3 fece per il Ns. cittadina  e che assorbimmo quando decidemmo di uscire da esso. Quella previsione era  1 operatore ogni 700 abitanti già abbondantemente al disotto della media nazionale ma anche quella  non porterebbe comunque mai 15  operatori oggi presenti .
Le soluzioni all’enigma sono due:  o sono presenti più servizi ( e onestamente non sono visibili ad occhi nudo) in più non contemplati nel capitolato del 2009 e questo per il rinnovo come è stato partorito non è possibile o l’Amministrazione fa recuperare le perdite dell’azienda di servizi in altro modo, provocando comunque un danno al comune.
Per quanto riguarda poi la questione ormai storica della mancanza del D.U.R.C. è necessario soffermarsi per maggiori chiarezza sulla problematica.
Questo determinato aspetto è stato da sempre presente,  dal momento della gara d’appalto alla stipula del contratto tra le parti.
Ad onor del vero, non fu preso in considerazione neanche quando fu prorogato il servizio nel gennaio del 2010.
Credo, che non possa passare inosservata una simile questione, visto che la Pubblica Amministrazione è obbligata a vigilare e a sanzionare comportamenti non conformi alla legge.
La situazione, come è evidente dagli atti,  non venne nemmeno presa in esame fino a quando non fu l’interrogante a sollevare la questione.
Inoltre, risulta, che fino alla data di protocollo di questa interrogazione la  ditta non era in regola con la posizione contributiva e questo è una sostanziale causa per la risoluzione del contratto già di dubbia regolarità.
Prego l’Amministrazione di prestare maggiore attenzione a tale situazione e a porre rimedi.

Casapulla li 14.06.2011