venerdì 27 maggio 2011

Tentato scippo a Napoli, dopo 9 giorni di agonia muore turista americano.

E' morto Antonio Oscar Mendoza, il turista americano 67enne vittima di un tentato scippo di un Rolex il 18 maggio. L’uomo era ricoverato da allora in ospedale e tenuto in coma farmacologico.







Napoli - L'ennesimo episodio di violenza si trasforma in tragedia e macchia di sangue Napoli. E' morto Antonio Oscar Mendoza, il turista americano 67enne, originario di Portorico, vittima di un tentato scippo di un Rolex lo scorso 18 maggio. L’uomo era ricoverato da allora all’ospedale "Loreto Mare" e tenuto in coma farmacologico.
La ricostruzione della tragedia In crociera con la moglie, Mendoza, mentre passeggiava su via Marina, era stato avvicinato da due persone a bordo di uno motorino che lo avevano aggredito per strappargli l’orologio, facendolo cadere. Nella caduta, l’uomo aveva battuto violentemente la testa, riportando un grave trauma cranico. Operato per eliminare un vasto ematoma, Mendoza non ha mai ripreso conoscenza. Le indagini della polizia sinora, nonostante la presenza di telecamere, non hanno dato esiti certi perchè i rapinatori avevano il volto coperto e il ciclomotore aveva la targa coperta parzialmente da nastro adesivo.

Perugia, bimbo di 11 mesi lasciato solo in auto 3 ore Muore dopo un malore

Il padre era nel club velico di Passignano sul Trasimeno dove lavora come custode e il piccolo Jacopo è rimasto chiuso nella vettura dalle 9,30 alle 12,30. La temperatura esterna era intorno ai 30 gradi. Ha accusato un malore, inutili i soccorsi del 118.







Perugia - Jacopo è rimasto in macchina, sotto il sole bollente. Poi il bambino, 11 mesi, è morto per un malore nel parcheggio del club velico di Passignano sul Trasimeno. Il piccolo è stato soccorso dopo essere rimasto non si sa per quanto tempo chiuso nell’auto dei genitori. La temperatura esterna era superiore a 30 gradi. Inutili i soccorsi prestati sul posto dal personale del 118. Sono quindi intervenuti i carabinieri per gli accertamenti. L’auto nella quale si trovava il bambino, una Opel Corsa verde, era ferma all’interno del parcheggio del club velico di Passignano. La vettura è già stata portata via. Sul posto stanno arrivando alla spicciolata amici e parenti della famiglia, visibilmente provati.
La tragedia Secondo i primi accertamenti Jacopo è rimasto in auto nel piazzale antistante il Club velico dove il padre aveva parcheggiato il veicolo dalle 9-9,30 fino alle 12,30. A quell’ora il padre, recatosi alla propria auto per fare rientro a casa, ha trovato il figlio e ha tentato inutilmente di soccorrerlo, allertando immediatamente il 118. È la prima ricostruzione fatta dai carabinieri del reparto operativo e della compagnia di Città della Pieve. Secondo quanto appurato dai medici del 118, giunti sul posto dopo essere stati allertati e che hanno trovato il piccolo già deceduto, il bimbo è morto per arresto cardiocircolatorio causato dalla prolungata esposizione ai raggi del sole: nel perugino oggi si sono sfiorati i 30 gradi. "Sono in corso - spiegano i carabinieri - attività volte a tratteggiare ulteriormente le fasi che hanno portato al decesso del minore". Il magistrato competente, Mario Formisano, ha disposto l’esame autoptico sul bimbo e il sequestro dell’autovettura.
La famiglia Sergio, il papà del bimbo morto, è un italiano residente a Passignano sul Trasimeno e lavora al club velico del paese come factotum. Sembra che il bimbo stamani fosse in auto con lui. La mamma, Eva, è una psicologa di origini albanesi. I due si sono sposati da poco. Sul posto il capitano dei carabinieri, Carlo Corbinelli. "Dobbiamo ancora ricostruire la vicenda - ha detto -, ma non abbiamo motivi per non ritenere che non si sia trattato di un tragico incidente. I genitori del bambino sono stravolti e dobbiamo ancora sentirli così come coloro che hanno prestato i primi soccorsi".

Libano, attentato contro l'Onu Morto un italiano, quattro feriti.

Torna la paura in Libano. Almeno un casco blu italiano è rimasto ucciso nell’esplosione che ha colpito un mezzo dell’Unifil. Altri quattro sarebbero invece feriti, uno è gravissimo. L'ordigno sarebbe esploso sulla superstrada diretta alla città portuale di Sidone (a circa quaranta chilometri a sud di Beirut), non lontano dal fiume Awwali. Il cordoglio di Frattini: "Notizie drammatiche, l'Italia è vicina ai suoi militari".






Beirut - Torna la paura in Libano. Almeno un casco blu italiano è rimasto ucciso nell’esplosione che ha colpito un mezzo dell’Unifil, la missione Onu schierata nel sud del Libano. Altri quattro soldati sono invece rimasti feriti, uno è gravissimo. Secondo l’emittente libanese Future Tv, l'ordigno sarebbe esploso sulla superstrada diretta alla città portuale di Sidone (a circa quaranta chilometri a sud di Beirut) vicino al fiume Awwali, proprio mentre il mezzo dei caschi blu stava passando. Immediato il cordoglio del ministro della Difesa, Franco Frattini: "Notizie drammatiche, l'Italia è vicina ai suoi militari".
Il cordoglio della politica "L’italia è vicina ai suoi militari impegnati nella missione Unifil alla quale dobbiamo un contributo decisivo alla stabilità in una delle aree più sensibili della regione mediorientale". Commentando le "notizie drammatiche" giunte dal Libano, Frattini ha espresso "dolore" e "profondo cordoglio" per i militari uccisi. Ai familiari delle vittime, il titolare della Difesa ha ricordato che le vite dei soldati sono state spese "per onorare il proprio Paese in una missione di pace".
La partecipazione italiana L’Italia partecipa dal 1979 alla Forza di interposizione in Libano delle Nazioni Unite, creata un anno prima, in seguito all’invasione israeliana. Dopo l’ultimo conflitto del 2006, vi è stata una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza (la 1701) che ha disposto il potenziamento del contingente militare fino a un massimo di 15mila uomini, che agiscono come "forze cuscinetto" tra Israele e Libano. Il nostro Paese è impegnato con un contingente di 1.780 uomini della brigata Meccanizzata "Aosta" (secondo comando forze di Difesa, di stanza in Sicilia), nella missione internazionale, denominata in ambito nazionale operazione "Leonte". Dal febbraio 2007 al 28 gennaio 2010 l’Italia ha esercitato il comando della missione, ora passato alla Spagna.

domenica 1 maggio 2011

"Giovanni Paolo II è beato" Lacrime, gioia e cori della folla.

Lacrime, gioia e canti dalla folla che chiede a gran voce: "Wojtyla santo". Il resto della città si svuota. Code chilometriche nei luoghi sacri. Ovunque cartelloni con la frase del Pontefice: "Damose da fa’, semo romani".


Sei anni e un mese dopo la morte Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II è stato proclamato beato dal suo successore Benedetto XVI. Questi, accolta la richiesta del vicario di Roma Agostino Vallini, ha letto la formula latina che annovera il papa polacco tra i beati. E' la causa di beatificazione più veloce della storia della Chiesa. La festa del nuovo beato, ha confermato il Papa, sarà il 22 ottobre, anniversario dell' elezione al pontificato.  
Un lungo applauso e ancora l'urlo "Santo subito". Così la folla in piazza San Pietro ha salutato la formula di beatificazione di Giovanni Paolo II. In piazza San Pietro sventolano le bandiere di tutte le nazioni. Un velo di commozione ha percorso il volto di mons. Stanislao Dziwisz, segretario di Giovanni Paolo II per tanti anni, quando Benedetto XVI ha proclamato beato Karol Wojtyla. Il cardinale di Cracovia sta concelebrando il rito sul sagrato di San Pietro. Non soltanto in San Pietro ma in tutte le piazze e strade di Roma affollate dai pellegrini il momento della beatificazione di Giovanni Paolo II è stato salutato da un caloroso applauso. Commozione e gioia tra la gente.